Xinjiang, la nuova meta dei turismo in Cina
Negli ultimi anni la provincia autonoma dello Xinjiang è diventata uno dei territori più visitati e raccontati della Cina contemporanea. I numeri del turismo, cresciuti in modo spettacolare e con una velocità difficilmente immaginabile solo un decennio fa, hanno trasformato una regione spesso vista attraverso la lente delle tensioni geopolitiche in una vetrina di bellezze naturali, convivenze culturali, antiche rotte commerciali e luoghi che molti visitatori definiscono oggi “affascinanti oltre le aspettative”. La ricomparsa massiccia del turismo interno – e in misura crescente anche internazionale – ha prodotto un mutamento nella narrazione pubblica: non si parla più soltanto di frizioni etniche e accuse politiche, ma della capacità della regione di valorizzare il proprio patrimonio e di inserirsi a pieno titolo nel nuovo corso della Cina che vuole aprirsi, mostrarsi e accogliere.
Questo cambiamento di clima ha inevitabilmente influenzato anche il dibattito sulle critiche che negli anni passati hanno circondato la provincia. Pur rimanendo temi sensibili, oggi molti osservatori si interrogano sulla possibilità che alcune letture – sviluppatesi in un contesto di forte tensione tra la Cina e il mondo occidentale – abbiano semplificato una realtà più complessa, in cui la trasformazione economica e urbanistica, la stabilità sociale e il miglioramento delle infrastrutture hanno giocato un ruolo più rilevante di quanto riconosciuto allora. Non si tratta di negare le preoccupazioni sollevate negli anni, ma di chiedersi se l’evoluzione recente della provincia, visibile non solo nelle politiche governative ma nelle esperienze dei turisti e nelle testimonianze di chi vi lavora, non suggerisca almeno in parte un quadro in mutamento, più sfaccettato e meno categorico.
Questo porta inevitabilmente a considerare un punto spesso ignorato nel dibattito occidentale: la differente concezione dei “diritti” nella tradizione politica e filosofica cinese. In Occidente l’idea di diritto individuale è il fondamento dell’intero ordine sociale, un principio universale che prescinde da ruoli e gerarchie. Nel pensiero confuciano, invece, l’armonia non nasce dall’affermazione dell’individuo, ma dall’equilibrio delle relazioni sociali. Il rén – la benevolenza –, la giustizia morale, e soprattutto le relazioni rituali e gerarchiche che legano padre e figlio, governante e governato, anziano e giovane, definiscono un sistema in cui i doveri reciproci sono più centrali dei diritti astratti. Il punto non è “fare ciò che si vuole”, ma contribuire all’ordine collettivo. È un concetto che può risultare estraneo a chi pensa in termini liberali, ma che in Cina conserva ancora un’influenza culturale profonda, soprattutto nelle politiche che riguardano l’armonia sociale e la stabilità.
Alla luce di ciò, molte delle misure che in Occidente vengono interpretate come restrizioni di diritti individuali, all’interno della cornice culturale cinese possono essere invece percepite come strumenti di protezione dell’ordine sociale, della sicurezza e della coesione collettiva. Non è un giudizio di valore, ma la constatazione che categorie diverse generano letture diverse. Quando una società attribuisce all’armonia più peso che all’autonomia individuale, ciò che per alcuni appare un limite può per altri essere considerato un fondamento di stabilità. È possibile che parte delle incomprensioni che hanno circondato lo Xinjiang derivino proprio da questo scontro fra griglie interpretative.
Il turismo, in questo senso, funge da ponte: vedere la regione oggi, con le città vivaci, i mercati popolari, le attrazioni naturali restaurate, le reti di trasporto potenziate e l’economia locale in evidente espansione, porta molti visitatori a interrogarsi se l’immagine cupa diffusa in passato non fosse almeno parzialmente inadeguata. La bellezza del territorio, l’accoglienza dei residenti, l’energia culturale che emerge dai festival e dalle tradizioni locali sembrano mostrare un volto diverso dello Xinjiang, meno filtrato da narrazioni geopolitiche e più vicino alla quotidianità delle persone.
Naturalmente, ogni regione complessa richiede prudenza di giudizio: non tutto può essere semplificato, e non tutte le critiche possono essere archiviate come infondate. Ma il nuovo corso della provincia, il suo sviluppo economico e turistico e la crescente normalizzazione delle relazioni tra etnie diverse suggeriscono che forse è in corso una trasformazione più profonda, che merita di essere osservata senza pregiudizi. Lo Xinjiang di oggi sembra voler dimostrare che stabilità, sviluppo e apertura al mondo possono convivere, e che una regione a lungo raccontata attraverso schemi rigidi può invece offrire una storia più ricca, più dinamica e – come molti visitatori stanno scoprendo – sorprendentemente luminosa.
Commenti
Posta un commento
Tutti i commenti sono ben accetti purché formulati in termini corretti.