La controproposta europea al piano di pace statunitense per l'Ucraina

 





Dopo l'aut aut di Trump a Zelensky  in merito al Piano di Pace statunitense, l’Europa nell'estremo tentativo di essere ancora protagonista nel plasmare il futuro della pace in Ucraina, presenta a Ginevra una controproposta elaborata da Regno Unito, Francia e Germania (i cosiddetti “E3”), composta da 27 (o, secondo alcune fonti, 28) punti. Questo documento, basato sulla bozza statunitense ma con molte modifiche, mira a garantire un maggior peso europeo nel negoziato e a preservare al tempo stesso la sovranità e la capacità difensiva dell’Ucraina. Il piano presentato sostituisce quello precedentemente elaborato in  24 punti, completamente sbilanciato a favore di Kiev, che aveva incontrato una forte resistenza  da parte del Governo italiano intenzionato a prendere come base di partenza il piano statunitense.  
In sostanza, si tratta di un “piano di pace europeo” che prende spunto da quello americano, ma che modifica alcune parti considerate troppo sbilanciate verso Mosca o pericolose per l'Europa. Ma vediamo cosa cambia davvero e quale potrebbe essere la reazione di Putin. 

In ordine alla futura capacità militare dell’Ucraina, nel piano europeo si prevede che le Forze armate ucraine siano limitate a 800.000 effettivi in tempo di pace contro i 600.000 previsti dal piano di Trump.
L’Europa, quindi, concederebbe più margine all’Ucraina di mantenere una forza significativa, pur imponendo un tetto.
Il documento europeo chiede poi un accordo totale e completo di non-aggressione tra Russia, Ucraina e NATO,  con un chiarimento definitivo di “tutte le ambiguità degli ultimi 30 anni”. 
Formula che sembrerebbe più stringente rispetto al piano americano, almeno nella parte che riguarda i rapporti tra Russia e NATO.
Secondo il piano europeo, dopo la firma di un accordo di pace con un approccio più multilaterale e “in progress”, dovrebbe partire un dialogo strutturato tra Russia e NATO per affrontare le questioni di sicurezza e favorire de-escalation e la connettività economica. 
Gli europei poi propongono garanzie di sicurezza robuste per l’Ucraina. In particolare, nel testo si riconosce un “garante” statunitense che imita l’Articolo 5 della NATO, ma con condizioni ben precise: ad esempio, se l’Ucraina dovesse attaccare la Russia perderebbe le garanzie; se invece è la Russia ad invadere, le sanzioni globali tornerebbero e qualsiasi riconoscimento territoriale derivante dall’accordo verrebbe ritirato. 
Insomma, l’Europa cerca di rafforzare il ruolo degli Stati Uniti come custodi del patto di sicurezza, ma impone meccanismi di responsabilità.
Sempre secondo il piano europeo, l’ingresso dell’Ucraina nella NATO non sarebbe escluso ma dipende, come previsto dal Patto Atlantico,  dal consenso di tutti gli alleati che,  al momento, non c'è. 
In ogni caso, la NATO accetterebbe di non stazionare permanentemente truppe sotto il suo comando in Ucraina in tempo di pace mentre le potrà basare su paesi confinanti, ad esempio,  in Polonia, per garantire una presenza militare NATO “vicina” ma non direttamente stabilita in Ucraina. 
Come dire, riconosciamo le tue preoccupazioni nel fatto di avere la forze Nato ai confini, ma non possiamo averle troppo lontane.
Il piano europeo prevede poi un robusto pacchetto per la ricostruzione dell’Ucraina, con la creazione di un “Ukraine Development Fund” per investire in infrastrutture, tecnologie, energie e risorse naturali e l'utilizzo dei beni sovrani russi congela­ti. 
Una delle differenze  più delicate tra i due piani, oltre quella del divieto di far parte della NATO,  riguarda i territori contesi: nel piano europeo si afferma che l’Ucraina “non si impegna a recuperare il suo territorio occupato con mezzi militari”. 
Inoltre, le trattative sui “territorial swap” (scambi territoriali) dovrebbero partire dalla linea di contatto attuale, non da concessioni a priori. 
Questo è evidentemente un punto di rottura rispetto a qualsiasi proposta che chieda a Kiev di rinunciare subito a parti del suo territorio già conquistate dalla Federazione Russa. 
L’accordo europeo, se sottoscritto, sarà legalmente vincolante, non solo un memorandum vagamente dichiarativo e, per garantirne il rispetto, viene previsto un “Board of Peace” (Consiglio di Pace) che dovrebbe essere presieduto da Donald Trump. 
Immediatamente dopo l’approvazione da parte di tutte le parti, il cessate il fuoco dovrebbe entrare in vigore, con modalità di monitoraggio sotto la supervisione degli Stati Uniti. 
Questo aspetto di enforcement legale è un elemento che l’Europa ha voluto rafforzare per evitare che l’accordo resti sulla carta.
Il piano include poi misure di non proliferazione: l’Ucraina rimarrebbe uno Stato non nucleare secondo il Trattato di Non Proliferazione (NPT), e ci sarebbe un’estensione di trattati di controllo nucleare con la Russia. 
Per la centrale nucleare di Zaporizhzhia, si propone il riavvio sotto supervisione dell’AIEA e una divisione “50-50” dell’energia prodotta tra Russia e Ucraina. 
Ci sono anche riferimenti all’uso condiviso delle risorse naturali, investimento congiunto su infrastrutture di dati, energia, terra rara, e un graduale ritorno della Russia nell’economia globale. 
Questo aspetto è strategico: l’Europa vuole trasformare la pace anche in una dimensione economica di cooperazione, ma con condizioni.
Sempre nel testo europeo, si prevede che l’Ucraina adotti “regole UE” su tolleranza religiosa e protezione delle minoranze linguistiche. 
È un’idea ambiziosa che va oltre le semplici garanzie militari: si tratta di inserire nel tessuto civile e istituzionale ucraino criteri europei.

Ammesso che Mosca non interpreti il piano europeo come una strategia dell’Occidente per congelare il conflitto a proprio vantaggio, mantenendo l’Ucraina strettamente legata a NATO e UE pur senza concedere uno status formale, e lo consideri invece come un tentativo equilibrato di compromesso, come potrebbe reagire la Russia a questo piano europeo?

Il fatto che l’Europa proponga di limitare le forze ucraine potrebbe apparire a Mosca come un compromesso ragionevole, ma non è detto che basti. L'Ucraina potrebbe chiedere limiti simmetrici, ma il piano non prevede limiti per le sue forze, il che potrebbe essere visto come un’ingiustizia da Kiev. Inoltre, la presenza di jet NATO in Polonia potrebbe essere interpretata come una minaccia indiretta.

L’accordo di non aggressione con la NATO è un punto che la Russia potrebbe considerare vantaggioso, ma vorrà certo garanzie concrete sulla non espansione futura dell’Alleanza. Dal momento che il piano europeo elimina dalla bozza il punto che prevede l’impegno della NATO a non espandersi, Mosca potrebbe insistere su una precisa formulazione per evitare futuri rischi.

L’offerta europea di reintegrare la Russia nell’economia globale, di discutere una graduale riduzione delle sanzioni e di rimpatriare la Russia al G8 può essere attraente per Mosca. Tuttavia, è condizionata a riparazioni finanziarie a favore dell’Ucraina, il che potrebbe essere un punto di negoziazione duro per il Cremlino, che non vorrebbe apparire “punito” ma è consapevole delle pressioni economiche.

La parte del piano che fissa come punto di partenza per le negoziazioni la linea di contatto (e non una cessione automatica di territori) è una “concessione” diplomatica significativa. Ma la Russia potrebbe voler di più: potrebbe richiedere il riconoscimento formale di alcuni territori o garanzie su infrastrutture strategiche. D'altro canto, l’obbligo di non modificare i confini con la forza potrebbe essere visto come un punto di stabilizzazione — ma solo se garantito da meccanismi credibili.

L’istituzione di un Board di Pace legalmente vincolante potrebbe essere vista con sospetto da Mosca, se teme che venga usato contro di lei. Il fatto che sia presieduto da Trump non è certamente rassicurante per la Russia, dato il suo rapporto variabile con gli Stati Uniti. La Russia potrebbe negoziare pesantemente su chi controlla questo organismo, su come vengano applicate le “penalità” e su cosa significhi “violazione” degli accordi.

Il riavvio della centrale di Zaporizhzhia con condivisione 50-50 dell’energia potrebbe essere una leva di cooperazione, ma Mosca potrebbe voler condizioni ancora più favorevoli (es. controllo su alcune infrastrutture). Le joint-venture su terre rare, data center e infrastrutture energetiche possono essere un incentivo, ma anche un rischio politico per la Russia, che potrebbe temere ingerenze occidentali o standard troppo “europei”.

In definitiva, il piano europeo rappresenta un tentativo molto sofisticato di creare una cornice di pace che non umili l’Ucraina ma ne contempli al tempo stesso la ricostruzione, e che dia agli europei un ruolo molto più centrale nel processo negoziale.
Tuttavia, la reazione di Mosca potrebbe essere piuttosto cauta, se non ostile, per una serie di motivi:
-potrebbe reputare insufficienti le concessioni territoriali (se non ne ottiene un riconoscimento formale su alcune aree).
-potrebbe temere che i meccanismi di garanzia e monitoraggio siano usati contro di lei.
-potrebbe essere attratta dalle promesse economiche, ma chiedere condizioni ancor più favorevoli per accettare pienamente il piano.

In uno scenario realistico, la Russia potrebbe rispondere con una trattativa: non un rifiuto netto, ma una richiesta di modifiche su punti chiave (territorio, sanzioni, modalità di garanzia); oppure firmare e poi interpretare in modo diverso da quello europeo,alcune clausole. Infine – se non le conviene – potrebbe respingere l’intero pacchetto, vedendolo come un tentativo europeo di rinegoziare il suo potere e la sua influenza senza cedere davvero su dove ha attualmente il controllo.
In ogni caso, il piano europeo alza la posta: non è più solamente il disegno statunitense, ma un progetto in cui Bruxelles e le potenze chiave del Vecchio Continente vogliono essere protagoniste, non spettatrici. E questo potrebbe cambiare profondamente l’equilibrio dei negoziati, ma solo se anche la Russia vorrà entrarci, con le sue condizioni.

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