Il contenzioso sulle isole Abu Musa, Greater Tunb e Lesser Tunb

 


Le isole Abu Musa, Greater Tunb e Lesser Tunb si trovano all’ingresso dello stretto di Hormuz, corridoio strategico che collega il Golfo Persico al Golfo di Oman. La posizione le rende – anche se molto piccole e in gran parte scarsamente abitate – di importanza strategica per il controllo delle vie marittime e della sorveglianza navale. 
Storicamente, le due Tunb (Greater e Lesser) sono menzionate in fonti persiane e geografiche antiche: ad esempio, la “Fars Nâmeh” di Ibn Balkhi (sec. XII) e il “Nuzhat al-Qulûb” di Mustawfi Kazvini (sec. XIV) indicano che le Tunb erano considerate parte degli spazi amministrativi del Fars e del litorale iraniano. In termini linguistici, il termine “tunb” (o “tumb”) in persiano può significare “mucchio” o “colle”, riferendosi forse alla conformazione morfologica delle isole. 
Per Abu Musa invece la storia è più complessa: la governabilità locale variò tra tribù arabe, potenze locali arabe e l’influenza persiana. In presenza britannica (nel periodo in cui la Gran Bretagna aveva protettorati o accordi con emirati della costa omanita/truciale) l’isola fu soggetta ad accordi di protezione.
Oggi, l’Iran sostiene di avere un controllo storico e amministrativo continuo su queste isole, mentre le controparti arabe – in particolare gli emirati che oggi fanno parte degli UAE – rivendicano che la sovranità fosse esercitata da capi-tribù o emiri della costa araba del Golfo. Ad esempio, prima del 1971 la Ras al‑Khaimah (per i Tunb) e la Sharjah (per Abu Musa) ne rivendicavano il controllo.

Nel corso del XIX e XX secolo, il Golfo Persico divenne teatro di competizione tra potenze straniere, fra cui in primo luogo la Gran Bretagna, che stipulò numerosi trattati di protezione con gli emirati della costa (le “Trucial” relative alla costa degli attuali UAE). Contestualmente, l’Iran e poi l' Impero Pahlavi  sostenne la propria sovranità sulle isole costiere e insulari del Golfo. 
Nel caso delle due Tunb, fonti europee del sec. XVIII-XIX (mappe francesi, olandesi, inglesi) riportano i nomi e la posizione delle isole (“Tomba”, “Tombo”, “Tonb” ecc.) e collocano le isole nell’ambito del littorale persiano. 
Con il declino del ruolo britannico e la decisione britannica nel 1968 di ritirarsi “east of Suez” (alla fine del 1971) dalla presenza militare attiva in vaste parti del Golfo, si aprì il varco per la ridefinizione delle sovranità. Secondo alcune fonti iraniane, vi fu un accordo (anche se controverso) fra il governo iraniano e la Gran Bretagna: l’Iran avrebbe rinunciato al suo antico reclamo sul Bahrain in cambio del riconoscimento della sua sovranità su queste isole.
Nel novembre 1971, immediatamente prima o al momento della nascita degli UAE (2 dicembre 1971) e del ritiro britannico, l’Iran prese il controllo delle isole: il 30 novembre l’occupazione delle Tunb è documentata. Per quanto riguarda Abu Musa, il 29 novembre 1971 venne siglato un Memorandum of Understanding (MoU) fra l’Iran e l’Emirato di Sharjah che prevedeva una co-amministrazione (o almeno una presenza iraniana) sull’isola, pur lasciando la sovranità in discussione. 
Questa fase rappresenta quidi il passaggio dal controllo britannico a un assetto regionale in cui l’Iran e gli emergenti stati arabi del Golfo (ora gli UAE) si trovano a contrapporsi per le sovranità insulari.

Nella disputa che è ritornata alle cronache di questi giorni, il governo iraniano sostiene che le tre isole sono “inseparabili” parti del territorio iraniano e che documenti, mappe e registrazioni amministrative storiche supportano tale tesi. Dal punto di vista della legge internazionale, l’Iran afferma di aver esercitato una sovranità effettiva tramite amministrazione, regolazione della navigazione, registrazione dei terreni, e presenza statale. 
Dal lato degli UAE, la posizione è che le isole erano tradizionalmente sotto l’influenza degli emirati arabi (Sharjah, Ras al-Khaimah) e che l’occupazione iraniana avvenuta nel 1971 costituisce una violazione della sovranità emiratina. 

L'importanza strategica e geopolitica delle isole in questione è, in realtà, la loro collocazione : lo stretto di Hormuz è tra i principali passaggi delle esportazioni petrolifere mondiali e il controllo delle isole comporta un vantaggio in termini di sorveglianza navale, posizionamento militare e potenziale blocco delle vie marittime. 
In particolare, per Abu Musa vi sono segnalazioni (per quanto alcune non confermate) dell’installazione di difese, sistemi missilistici antinave e un aumento della presenza militare iraniana dopo gli anni ’90. 
Negli ultimi decenni, l’Iran ha rafforzato la propria presenza amministrativa sulle isole: ad esempio incoraggiando lo stanziamento di cittadini iraniani, costruendo infrastrutture, regolamentando transiti e accessi. Dall’altro lato, gli UAE hanno ripetutamente portato la questione a forum regionali e internazionali (ad esempio la Lega Araba, il Consiglio di Cooperazione del Golfo) chiedendo un arbitrato internazionale o un dialogo. 
Nel 2024-2025, la questione è nuovamente salita d’intensità con le posizioni del GCC che condannano “l’occupazione” iraniana e sostengono la sovranità emiratina, e l’Iran che ribadisce che nessuna richiesta esterna potrà cambiare la realtà di fatto del controllo iraniano. 

Da un punto di vista del diritto internazionale, la sovranità si fonda su elementi quali: titolo (accordo, trattato, storia), possesso effettivo, continuità amministrativa e accettazione esterna. Nel caso delle tre isole, ogni parte (Iran e UAE) interpreta in modo diverso questi criteri. L’Iran punta sulla continuità storica e sul controllo operativo; gli UAE enfatizzano la presenza storica degli emirati, l’accordo del 1971 e la necessità di un arbitrato. 
È da notare che l’Iran rifiuta l’arbitrato internazionale per queste isole, sostenendo che la questione è un “malinteso” che va risolto bilateralmente. 
La controversia costituisce  un altro fattore di tensione tra l’Iran e gli stati del Golfo e ha implicazioni più ampie per la sicurezza marittima, l’equilibrio di potere nel Golfo e le alleanze, inserendosi in un contesto più ampio di competizione Iran-Arabia, del ruolo degli Stati Uniti nel Golfo, e del controllo delle risorse energetiche e delle rotte navali.

Per concludere questa brevissima disamina sulla disputa che riguarda le  isole Abu Musa, Greater Tunb e Lesser Tunb ,  non si può negare che essa rappresenti  un esempio classico di come storia, geografia, diritto internazionale e geopolitica si intreccino in un contesto regionale complesso. Da un lato, l’Iran basa la sua rivendicazione su una motivazione storica ed amministrativa che afferma una continuità di sovranità; dall’altro, gli UAE sostengono che la sovranità tradizionale apparteneva agli emirati arabi e che l’azione iraniana del 1971 ha alterato lo status quo in modo inaccettabile.
Purtroppo come in analoghi casi che riguardano contenziosi per la sovranità su alcune isole, vedi quelli per le Liancourt Rocks tra Corea del Sud e Giappone, per la Spratly Islands tra Cina, Taiwan, Vietnam, Philippine, Malesia e Brunei, per le South Georgia e le South Sandwich Island tra U.K e Argentina, etc.,  la soluzione di questa controversia non appare prossima: le posizioni restano rigide e il contesto regionale – con i suoi equilibri di potere in evoluzione – non favorisce negoziati semplici. Nel frattempo, il controllo iraniano di fatto sulle isole resta, e gli UAE continuano a chiedere un ricorso al diritto internazionale.

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