Questione palestinese : meglio la soluzione a uno Stato



 


Il 12 settembre 2025 l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha approvato con larga maggioranza una risoluzione, nota come New York Declaration on the Peaceful Settlement of the Question of Palestine and the Implementation of the Two-State Solution.

Ecco cosa prevede in concreto:

  • Approvazione della soluzione a due Stati, vale a dire la convivenza pacifica e sicura di un Israele e di uno Stato Palestinese indipendente, sovrano, democratico. 
  • Passi concreti, irreversibili e a termine (“tangible, time-bound, and irreversible steps”) per mettere in pratica la soluzione a due Stati. 
  • Cessate il fuoco immediato a Gaza e rilascio di tutti gli ostaggi.
  • Disarmo di Hamas e sua esclusione dal governo a Gaza; i territori palestinesi dovranno essere governati dall’Autorità Palestinese (PA) dopo un trasferimento di responsabilità.
  • Missione internazionale di stabilizzazione: si prevede un ruolo, anche delle Nazioni Unite, per proteggere i civili e garantire la sicurezza, monitoraggio, transizione amministrativa. 
  • Condanna degli attacchi di Hamas del 7 ottobre 2023 contro civili in Israele, e allo stesso tempo condanna degli attacchi israeliani contro civili, dell’assedio e delle strategie che hanno provocato una grave crisi umanitaria a Gaza.
  • Riconoscimento di uno Stato Palestinese, o almeno l’impegno verso questo, come componente “essenziale e indispensabile” per la realizzazione della soluzione a due Stati. 


Come sappiamo, la  risoluzione non è vincolante: l’AG dell’ONU non crea obblighi legali vincolanti come può fare il Consiglio di Sicurezza in certe condizioni, è piuttosto una dichiarazione politica con largo sostegno internazionale. 

Il voto è stato 142 favorevoli, 10 contro, 12 astensioni

Per chiarezza, la soluzione a due Stati prevede:

  • L’esistenza di due Stati distinti, uno israeliano e uno palestinese, ciascuno con sovranità su territori ben definiti.
  • Confini riconosciuti internazionalmente, e generalmente si fa riferimento ai confini precedenti al 1967 (con aggiustamenti negoziati) per quanto riguarda la Cisgiordania, Gaza e Gerusalemme Est.
  • Garanzie di sicurezza per Israele, così come garanzie di sicurezza, libertà, diritti civili per i Palestinesi.
  • Soluzioni per i rifugiati palestinesi, per il controllo di Gerusalemme, per le colonie (“insediamenti”) Israele, etc.

La soluzione a uno Stato è invece l’alternativa che sostanzialmente propone che Israele, la Cisgiordania, Gerusalemme Est e Gaza formino un solo Stato democratico sovrano, in cui tutti gli abitanti (ebraici, arabi palestinesi, etc.) abbiano eguali diritti civili e politici.

Alcuni varianti includono:

  • Stato unitario con cittadinanza uguale per tutti, rispetto di pari diritti indipendentemente da etnia o religione.
  • Stato binazionale, dove verranno riconosciute le identità nazionali/rappresentanze separate all’interno del medesimo Stato. 
  • Versioni che prevedono l’assorbimento dei territori occupati in Israele o una forma di confederazione, federazione, etc. ma sempre un’unica entità statale per tutta la popolazione. 

Chi la sostiene (o promuove l’idea) lo fa per motivi quali:

  • la percezione che la soluzione a due Stati sia ormai sempre più impraticabile, a causa dell’espansione degli insediamenti israeliani in Cisgiordania, della frammentazione territoriale (aree isolate, infrastrutture, controllo dei confini etc.) che rende difficile definire uno Stato palestinese contiguo e funzionante.
  • la convinzione che un solo Stato democratico garantirebbe migliori condizioni di uguaglianza e diritti per tutti i cittadini, eliminando discriminazioni, divisioni di accesso ai servizi etc.
  • motivazioni di giustizia storica: evocazione del diritto al ritorno dei rifugiati palestinesi, della fine dell’occupazione da parte di uno Stato unico, etc.

Vantaggi e limiti della soluzione a due Stati

Vantaggi:

  • È largamente riconosciuta a livello internazionale come il percorso “ufficiale” per la pace; ha molte risoluzioni ONU che la supportano.
  • Teoricamente può permettere ad Israeliani e Palestinesi di avere identità separate e autodeterminazione nazionale, con minor bisogno di compromessi traumatici sull’identità, sul demografico, su chi controlla cosa.
  • Può essere più praticabile dal punto di vista della sicurezza per Israele (guerre, confini, controllo militare) se ci sono garanzie internazionali e supporto per evitare attacchi e violenze transfrontaliere.

Limiti/pratiche difficoltà:

  • La frammentazione territoriale: gli insediamenti israeliani in Cisgiordania, le “aree C” (in cui Israele ha controllo civile e militare), le barriere, i checkpoint, le infrastrutture disomogenee rendono difficile creare uno Stato palestinese contiguo e sovrano.
  • Il controllo israeliano su confini, aria, acqua, risorse etc., che potrebbe rimanere anche dopo una soluzione due Stati, minando la vera sovranità palestinese.
  • Questioni su Gerusalemme Est: chi la controlla, come si garantisce l’accesso ai luoghi sacri per tutti, quale status abbia.
  • Il problema dei rifugiati palestinesi: dove potranno tornare, se in uno Stato palestinese, se in Israele, se sotto quale regime di compensazioni o di diritti.
  • La sicurezza: per Israele c’è sempre la preoccupazione che un futuro Stato Palestinese possa essere luogo di attacchi, o che gruppi armati restino attivi.

Vantaggi e criticità della soluzione a uno Stato

Vantaggi:

  • Se realizzata come Stato democratico con pari diritti, potrebbe eliminare alcune delle disuguaglianze strutturali (per esempio accesso ai diritti civili, libertà di movimento etc.) che derivano dalla divisione territoriale, dalle barriere, dalle politiche discriminatorie.
  • Risolve il problema della frammentazione: non serve un confine netto, non c’è la questione degli insediamenti in termini di “fuori dallo Stato palestinese”.
  • Potrebbe essere vista come più “giusta” da alcuni, nel senso che non richiede compromessi su aspetti fondamentali come il ritorno dei rifugiati, o il riconoscimento pieno del diritto dei Palestinesi ad essere cittadini con diritti equivalenti.
Criticità:

  • Demografica: con la popolazione palestinese che in molti scenari (inclusi rifugiati) crescerebbe, si mette in discussione la possibilità per Israele di rimanere come Stato “ebraico”, se lo Stato unico deve garantire uguaglianza e democrazia. Questo è un punto centrale di conflitto.
  • Identità nazionale: israeliani che vogliono mantenere uno Stato che sia riconosciuto come Stato ebraico; palestinesi che vogliono uno Stato indipendente. In un solo Stato, molti israeliani temono di perdere privilegi, sicurezza, o che la democrazia venga compromessa da conflitti interni.
  • Governance: difficile integrare due popolazioni che hanno vissuto decenni di conflitto, discriminazione reciproca, mancanza di fiducia; le istituzioni dovrebbero garantire protezione, uguaglianza, partecipazione politica, diritti per minoranze etc. Il rischio che dominino tensioni, conflitti, instabilità.
  • Rifiuto politico da parte di molti attori: il governo israeliano finora ha rifiutato esplicitamente uno Stato Palestinese indipendente, e la soluzione a uno Stato viene per molti israeliani come la perdita del carattere ebraico dello Stato, non solo come una questione di democrazia.

Come si colloca la risoluzione rispetto al dibattito

La risoluzione indica che la comunità internazionale, o almeno una larga maggioranza, ritiene che la soluzione a due Stati resti la via più credibile e praticabile per raggiungere una pace giusta. Non è una semplice astrazione: il testo include misure specifiche (cessate il fuoco, disarmo di Hamas, transizione, missione internazionale etc.). 

Chi è contrario alla soluzione a due Stati, sostiene che essa è già in gran parte vanificata dalla situazione sul terreno (insediamenti, divisione territoriale, occupazione de facto), e che solo una trasformazione più radicale – come quella di un solo Stato con uguaglianza – può rispondere alle ingiustizie presenti. Ma allo stato attuale, questa idea incontra forti ostacoli politici e pratici.

Alcuni recenti sondaggi,  in particolare quelli del Palestinian Center for Policy and Survey Research (PCPSR), joint polls con Tel Aviv University etc. mostrano che una buona percentuale di Palestinesi crede che la soluzione a due Stati non sia più praticabile, a causa dell' espansione degli insediamenti, delle divisioni territoriali, dei controlli etc. 

Tra gli israeliani ebrei, in molti sondaggi la soluzione a due stati appare sempre più impopolare, specialmente tra chi ha orientamenti politici di destra o religiosi, o che dà priorità alla sicurezza e vengono avanti modelli alternativi che privilegiano una soluzione a uno Stato in cui Israele mantenga il suo carattere e i palestinesi abbiano diritti limitati.

Tra i Palestinesi: il two-state resta la soluzione preferita, ma la fiducia che sia attuabile sta diminuendo; il supporto per la soluzione a uno Stato è presente ma minoritario, soprattutto per la versione egualitaria.

Nel mondo arabo / paesi MENA: la soluzione a due Stati è largamente sostenuta, anche se il conflitto recente ha reso le opinioni più polarizzate; l'alternativa a uno Stato trova  molto meno consenso a parte l'Iran che la difende fin dai tempi della rivoluzione komeinista.

Ma che cos’è in concreto la “soluzione a uno Stato”

La one-state solution propone che l’area compresa fra il Mediterraneo e il fiume Giordano (Israele, Cisgiordania, e Gaza — talvolta con varianti su Gerusalemme) diventi un unico Stato piuttosto che due Stati separati. Le versioni variano molto: alcune chiedono un unico Stato democratico con piena uguaglianza dei diritti per tutti i cittadini (modello “one democratic state”), altre propongono forme binazionali, federali, confederali o autonomie territoriali ampie, e alcune versioni sono più ambigue o strumentali (ad esempio “uno Stato” ma senza uguaglianza piena).

Le proposte sul tavolo si raggruppano tipicamente in queste famiglie:

Stato unitario e democratico (“one democratic state”)

Tutti i residenti (ebrei, palestinesi arabi, altre minoranze) ottengono cittadinanza uguale, diritto di voto, pari protezione costituzionale. Spesso include una nuova costituzione laica o civica che garantisca diritti fondamentali. Sostenitori: movimenti e ONG pro-diritti uguali. 

Stato binazionale / consociativo

Un unico Stato ma con istituzioni che riconoscono due gruppi nazionali (rappresentanze collettive, quote garantite, diritto di veto su certe materie). Cerca di proteggere le identità nazionali pur mantenendo un’unica sovranità. Modello ispirato a esempi storici (es. proposte pre-1948; schemi consociativi moderni). 

Federazione o decentramento (federal state)

Potere diviso tra governo centrale e entità regionali (distretti ebraici/palestinesi), con protezioni costituzionali per minoranze. Varianti concrete sono state analizzate da think-tank. 

Confederazione / due Stati in confederazione

Due Stati sovrani (Israele e Palestina) ma stretta cooperazione istituzionale (frontiere aperte, politiche condivise su sicurezza, risorse, Gerusalemme). È un “ponte” spesso proposto come alternativa pratica tra due-stati e uno-stato puro. Movimenti come “A Land for All” e analisi politiche la promuovono. 

In quasi tutte le soluzioni  a uno-stato proposte dagli studi accademici e memorandum che analizzano la “fattibilità” delle diverse varianti (v. INSS e altri think tank per analisi dettagliate sui quattro modelli classici: unitario, autonomia, federale, confederazione) si prevede: 

Cittadinanza e diritto di voto: suffragio universale senza discriminazioni etniche/religiose; cancellazione di leggi che privilegiano uno dei gruppi.
Costituzione scritta: garanzie per libertà di religione, lingua, protezione delle minoranze, clausole di proporzionale rappresentanza o diritti collettivi.
Sistema giudiziario indipendente: Corte costituzionale con poteri di tutela dei diritti e meccanismi di bilanciamento tra gruppi.
Poteri locali forti / federalismo: un Senato o camere territoriali per garantire autonomia locale (es.: distretti palestinesi/ebraici).
Soluzioni per i rifugiati: programmi di ritorno volontario, compensazioni, naturalizzazione o reintegrazione differenziata.
Garanzie di sicurezza condivise: forze di polizia miste, supervisione internazionale temporanea, smantellamento di milizie o gruppi armati.
Transizione graduale: periodi di transizione con amministrazioni internazionali-supervisionate per creare fiducia e infrastrutture istituzionali.

Ma anche le argomentazioni a favore della soluzione a uno state sembrano comuni nelle varie proposte ovvero: 

  • porre fine a pratiche discriminatorie e dare pari diritti civili e politici;
  • prendere  atto che il contesto sul terreno (insediamenti, frammentazione territoriale) ha reso il two-state impraticabile e che quindi serve un’alternativa radicale;
  • un solo Stato potrebbe offrire meccanismi diretti di reintegrazione e cittadinanza per rifugiati.

Ovviamente non mancano le critiche e le argomentazioni contrarie :

  • molti israeliani temono che un unico Stato democratico spazzi via il carattere ebraico dello Stato, dando ai palestinesi la maggioranza o pari potere politico; 
  • rischio di conflitto  tra comunità se non esistono solide garanzie e fiducia reciproca; 
  • oggi non esiste una maggioranza politica compatta né in larga parte della società israeliana né, spesso, nella palestinese, che spinga per una unificazione di questo tipo.
  • questioni su come trattare i trattati internazionali, la proprietà, la responsabilità per atti passati, il riconoscimento internazionale e le ripercussioni diplomatiche. 

In estrema sintesi, la one-state solution è una famiglia di proposte che vanno da uno Stato unitario democratico a modelli binazionali, federali o confederali.
È un’idea con forti argomenti morali e pratici, soprattutto come critica alla perdurante discriminazione e all’impasse del two-state, ma presenta ostacoli politici, demografici e di sicurezza molto concreti.
Molte analisi pratiche (INSS, think-tank accademici) concludono che, sebbene teoricamente possibile in alcune varianti, la sua realizzazione richiederebbe un livello di consenso, sicurezza e meccanismi costituzionali di garanzia che oggi non esistono e che andrebbero ricercati.

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