“Trump vuole silenziare la Palestina. L’ONU resterà a guardare?
Trump nega i visti ai palestinesi: un affronto all’ONU e al diritto internazionale
La decisione dell’amministrazione Trump di negare i visti ai rappresentanti dell’OLP e dell’Autorità Nazionale Palestinese per la prossima Assemblea Generale dell’ONU non è solo un atto ostile contro il popolo palestinese: è un vero e proprio schiaffo all’ONU e al diritto internazionale.
Gli Stati Uniti, in quanto Paese ospitante, hanno firmato nel 1947 un accordo che li obbliga a garantire l’accesso a tutte le delegazioni. Non si tratta di una concessione di cortesia, ma di un impegno giuridico preciso. Calpestare quell’accordo significa minare le fondamenta stesse del multilateralismo, trasformando l’ONU in uno strumento subordinato alla politica estera americana.
L’ONU deve reagire
«Gli Stati Uniti hanno l’obbligo legale di permettere a tutti i rappresentanti di partecipare ai lavori dell’ONU. Non farlo significa violare la Carta delle Nazioni Unite stessa», ha ricordato un diplomatico europeo a New York.
Se il Segretario Generale e l’Assemblea Generale lasciassero correre, il messaggio sarebbe devastante: basterebbe il veto del Paese ospitante per mettere a tacere chiunque. Non è accettabile. Serve una presa di posizione forte: una risoluzione di condanna, la convocazione urgente del Comitato per le relazioni con il Paese ospitante e, se necessario, lo spostamento di riunioni simboliche fuori dagli Stati Uniti.
La comunità internazionale ha una responsabilità
Il ministro degli Esteri palestinese Riyad al-Maliki ha denunciato: «Questa è una mossa disperata per cancellare la nostra voce dall’arena internazionale. Ma la Palestina non sarà messa a tacere».
Dall’Europa arrivano segnali altrettanto chiari: il presidente francese Emmanuel Macron, parlando della possibilità di riconoscere lo Stato di Palestina, ha affermato che «il diritto dei palestinesi a essere rappresentati non può dipendere dagli umori di Washington».
Anche il Segretario Generale António Guterres ha espresso “profonda preoccupazione”, sottolineando che «la partecipazione universale è condizione essenziale per il buon funzionamento delle Nazioni Unite».
Non solo una questione palestinese
Chi pensa che questa sia una partita che riguarda solo la Palestina sbaglia di grosso. Se si accetta che un Paese ospitante decida chi può parlare e chi no all’ONU, domani chiunque potrà essere messo a tacere. È in gioco la stessa idea di Nazioni Unite come luogo neutrale, universale, aperto a tutti.
Il tentativo di Trump non è un incidente diplomatico: è un attacco politico deliberato, volto a delegittimare la causa palestinese e a riaffermare l’arroganza americana sul sistema internazionale. Sta all’ONU e alla comunità internazionale decidere se inginocchiarsi o se difendere i principi su cui è nata l’organizzazione attraverso:
una pressione diplomatica immediata da parte degli Stati arabi, europei e latinoamericani per spingere gli USA a rilasciare almeno visti limitati ai rappresentanti palestinesi, per evitare un caso politico ingestibile;
una risoluzione di condanna da parte dell’Assemblea Generale con un testo che riaffermi i diritti della delegazione palestinese e denunci la violazione americana;
una formalizzazione immediata da parte di Francia e altri Stati del riconoscimento dello Stato di Palestina a settembre trasformando l’esclusione in un boomerang politico contro Washington;
spostare l’Assemblea Generale in altra sede sebbene nel passato tale spostamento ha riguardato solo sessioni non plenarie ad eccezione del 1988 quando l’assemblea generale si riunì a Ginevra per ascoltare l’allora leader dell’OLP, Yasser Arafat, dopo che gli Stati Uniti gli avevano rifiutato di entrare a New York;
richiedere alla Corte Internazionale di Giustizia un parere consultivo sulla violazione dell’“Headquarters Agreement” da parte degli USA anche per consentire a qualche giudice statunitense di imporre a Trump il rilascio dei visti.

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