La concessione italiana a Tianjin
![]() |
| Foto storica restaurata: la piazza centrale con la statua della Vittoria e gli edifici d’architettura europea, durante interventi di restauro. |
La concessione italiana a Tianjin: storia di un frammento d’Italia in Cina
Introduzione
All’inizio del Novecento, in piena epoca coloniale, l’Italia si trovò a competere con le grandi potenze europee per ritagliarsi un ruolo nel mondo. Dopo la guerra dell’oppio e la ribellione dei Boxer, anche la Cina divenne teatro di interessi e ambizioni imperiali. In quel contesto nacque la concessione italiana a Tianjin, una piccola enclave che dal 1901 al 1947 rappresentò un angolo d’Italia sulle rive del fiume Hai.
La sua storia, oggi poco conosciuta, rivela molto della politica estera italiana, del clima internazionale dell’epoca e della memoria coloniale che sopravvive ancora nei paesaggi urbani della moderna Tianjin.
1. Le origini della concessione
La concessione italiana a Tianjin fu ottenuta nel 1901, al termine della repressione della rivolta dei Boxer (1899-1901). La Cina dei Qing, sconfitta da un’alleanza internazionale guidata dalle potenze occidentali e dal Giappone, fu costretta a firmare il cosiddetto Protocollo dei Boxer, che impose dure condizioni, tra cui la cessione di zone urbane alle potenze vincitrici.
L’Italia, che aveva partecipato alle operazioni militari con un contingente di circa duemila uomini, ottenne così un’area di circa 46 ettari lungo il fiume Hai, a Tianjin. Non si trattava di una colonia vera e propria, ma di una “concessione”: un territorio cinese amministrato in maniera autonoma dall’Italia, con proprie istituzioni, forze di polizia e regolamenti.
L’amministrazione italiana iniziò subito a organizzare la nuova enclave. Furono costruite strade, caserme, scuole, un tribunale, una chiesa cattolica e abitazioni in stile europeo. L’obiettivo era quello di dare un volto italiano a questo frammento di città, trasformandolo in una vetrina del prestigio nazionale.
2. Vita e ruolo della concessione
Negli anni Venti e Trenta, la concessione italiana divenne un piccolo centro cosmopolita. Vi abitavano alcune centinaia di italiani, tra funzionari, militari, missionari, commercianti e le loro famiglie, insieme a migliaia di cinesi che lavoravano o risiedevano nell’area. L’atmosfera era quella tipica delle città coloniali, con un miscuglio di lingue, culture e tensioni sociali.
Il cuore della vita pubblica era piazza Regina Elena (oggi piazza Marco Polo), attorno alla quale si affacciavano edifici in stile liberty e neoclassico. La chiesa cattolica di San Michele, costruita negli anni Venti, divenne uno dei simboli più riconoscibili della comunità.
La concessione aveva anche un valore strategico: rappresentava un avamposto commerciale e militare italiano in Estremo Oriente. Durante il periodo fascista, la presenza fu rafforzata con l’arrivo di nuovi funzionari e con l’adozione di un’architettura celebrativa, che intendeva sottolineare il legame tra Roma e l’impero.
Tuttavia, il piccolo territorio rimase sempre marginale rispetto alle grandi concessioni francesi, britanniche o giapponesi. L’Italia non aveva i mezzi economici e politici per trasformare Tianjin in un vero centro di influenza, e la sua enclave restò un simbolo più che uno strumento concreto di potere.
3. La fine della concessione
La crisi giunse con la Seconda guerra mondiale. Dopo l’armistizio del 1943, le truppe giapponesi occuparono la concessione italiana, estromettendo le autorità fasciste locali. Con la fine della guerra e la nascita della Repubblica italiana, il trattato di pace del 1947 sancì la restituzione della concessione alla Cina.
L’esperienza italiana a Tianjin si concluse così, dopo quasi mezzo secolo di presenza. A differenza di altre potenze coloniali, l’Italia non conservò alcun diritto né influenza in Cina, e la memoria della concessione rimase a lungo confinata negli studi storici o nei ricordi degli ex residenti.
4. Cosa rimane oggi
Nonostante il tempo trascorso, la concessione italiana ha lasciato tracce visibili nella Tianjin contemporanea. L’area dell’ex concessione è oggi conosciuta come Italian Style Town o Italian Concession Historic District.
Molti edifici dell’epoca coloniale sono stati restaurati e trasformati in ristoranti, caffè, musei e negozi. Tra le costruzioni più note vi sono: la chiesa di San Michele, ancora oggi in piedi, testimone della comunità cattolica; l’edificio che fu la residenza del console italiano, oggi sede di eventi culturali; numerose case in stile liberty e neoclassico, che conferiscono all’area un aspetto europeo in mezzo al paesaggio urbano cinese.
Negli ultimi decenni, il governo municipale di Tianjin ha valorizzato questo quartiere come attrazione turistica. Passeggiando per le sue vie, si incontrano cartelli e targhe che ricordano la presenza italiana, e non mancano ristoranti che propongono cucina mediterranea
Tuttavia, ciò che rimane è più un’operazione di memoria estetica che una testimonianza storica integrale. Molti edifici sono stati ricostruiti o modificati, e la vita quotidiana della concessione è ormai un lontano ricordo. Nonostante ciò, l’ex concessione italiana rappresenta un raro esempio di “paesaggio coloniale” in Cina e offre un’occasione di riflessione sul passato e sui rapporti tra Europa e Asia.

Commenti
Posta un commento
Tutti i commenti sono ben accetti purché formulati in termini corretti.