Il digiuno nelle religioni e nelle tradizioni: comparazione ed evoluzione storica
Nella tradizione ebraica il digiuno è profondamente legato alla penitenza, alla memoria e alla purificazione. Il giorno più significativo è Yom Kippur, il “Giorno dell’Espiazione”, durante il quale gli ebrei osservanti si astengono per circa 25 ore non solo dal cibo e dall’acqua, ma anche da altre attività materiali, concentrandosi sulla preghiera e sull’introspezione. Un altro digiuno importante è Tisha B’Av, in memoria della distruzione del Tempio di Gerusalemme. Esistono poi altri digiuni minori, di durata più breve, legati a eventi storici o a figure bibliche.
Il significato del digiuno ebraico non è tanto l’autopunizione quanto la ricerca di un contatto autentico con Dio attraverso l’umiltà e la rinuncia. È un momento comunitario, che rafforza l’identità collettiva, ma anche individuale, nella consapevolezza del peccato e della possibilità di redenzione.
Il Cristianesimo ha ereditato la tradizione ebraica del digiuno, ma l’ha rielaborata nel segno della sequela di Cristo. Nei Vangeli, Gesù stesso digiuna per quaranta giorni nel deserto, inaugurando un modello di ascesi e di preparazione spirituale.
Nella Chiesa cattolica e ortodossa, il digiuno è legato soprattutto al periodo della Quaresima, i quaranta giorni che precedono la Pasqua. Tradizionalmente si osservava l’astinenza da carne e prodotti animali in giorni specifici, e un digiuno più rigoroso il Mercoledì delle Ceneri e il Venerdì Santo. La Chiesa ortodossa conserva regole più severe e frequenti, con periodi di astinenza che si estendono anche oltre la Quaresima.
Nella Riforma protestante, la pratica del digiuno è stata in parte ridimensionata, ma non è scomparsa: alcuni movimenti evangelici e pentecostali hanno rivalutato il digiuno come forma di intensa preghiera e di apertura allo Spirito Santo.
Il significato cristiano del digiuno si lega alla penitenza, ma anche alla solidarietà: ciò che non si consuma può essere condiviso con i poveri, e l’astinenza diventa un atto di carità.
Nell’Islam, il digiuno (ṣawm) è uno dei Cinque Pilastri della fede ed è osservato durante il mese sacro del Ramadan. Dall’alba al tramonto, i musulmani si astengono non solo dal cibo e dalle bevande, ma anche dal fumo e dai rapporti sessuali. Al tramonto, la comunità si riunisce per rompere il digiuno con il pasto serale, l’iftār, che ha un forte valore sociale e familiare.
Il digiuno islamico ha molteplici significati: è un atto di obbedienza a Dio, un esercizio di autocontrollo, un ricordo della condizione dei poveri e un mezzo per purificare il cuore e la mente. Oltre al Ramadan, esistono altri digiuni raccomandati in giorni specifici, ma non obbligatori.
Nel tempo, questa pratica ha assunto una funzione identitaria: il Ramadan è uno dei momenti che più rafforzano l’appartenenza dei fedeli alla ummah, la comunità
Nell’Induismo il digiuno (upavāsa) è una pratica assai varia, che cambia a seconda delle correnti, delle divinità venerate e delle tradizioni familiari. Non esiste un unico modello, ma una molteplicità di forme: alcuni digiuni prevedono l’astensione totale da cibo e acqua, altri solo da determinati alimenti (carne, cereali, spezie), altri ancora sono parziali, con la riduzione della quantità di cibo.
Le motivazioni sono molteplici: purificazione spirituale, devozione, espiazione, preparazione a una festività religiosa. Per esempio, il digiuno è osservato in onore di Shiva durante il Maha Shivaratri, oppure nei giorni dedicati a Ekadashi (due volte al mese).
In ambito induista il digiuno non è inteso solo come rinuncia, ma come mezzo per liberarsi dall’attaccamento materiale e per coltivare la disciplina del corpo e della mente.
Il Buddhismo, pur non ponendo al centro una prescrizione universale del digiuno, prevede pratiche ascetiche legate alla moderazione alimentare. I monaci, ad esempio, spesso si astengono dal cibo dopo mezzogiorno fino al mattino successivo. Questa disciplina non è intesa come mortificazione, ma come aiuto a mantenere la mente lucida e a ridurre i desideri.
Alcune correnti del Buddhismo praticano digiuni più rigorosi in occasioni particolari, come forma di purificazione o di meditazione intensiva. Nel Buddhismo tibetano, ad esempio, esistono rituali di digiuno rituale legati a specifiche divinità protettrici.
L’idea di fondo è che l’equilibrio, e non l’eccesso, favorisca il cammino verso l’illuminazione. Il digiuno è quindi più uno strumento pedagogico che un obbligo
Anche al di fuori delle grandi religioni, il digiuno è stato praticato in molte tradizioni filosofiche e culturali.
- Grecia antica: filosofi come Pitagora e Platone raccomandavano il digiuno come strumento di purificazione e di preparazione allo studio e alla contemplazione.
- Tradizioni indigene: in molte culture native, dal Nord America all’Africa, il digiuno accompagna riti di passaggio, visioni spirituali o momenti di contatto con il sacro.
- Età moderna e contemporanea: il digiuno è stato talvolta utilizzato anche come forma di protesta politica, basti pensare a Gandhi, che lo adottò come strumento di resistenza non violenta.
Nel corso dei secoli il digiuno ha subito trasformazioni significative. Se in origine era soprattutto legato a motivazioni religiose, oggi esso è praticato anche per ragioni etiche, mediche e sociali.
- In ambito religioso, molte tradizioni hanno adattato le regole alle esigenze contemporanee. La Chiesa cattolica, ad esempio, ha reso più leggere le prescrizioni di digiuno, mentre in alcune correnti islamiche il Ramadan si vive anche in chiave culturale, come momento identitario e comunitario.
- In ambito laico, il digiuno è stato riscoperto dalla scienza medica e dalla cultura del benessere come strumento di salute. Si parla di digiuno intermittente, digiuno terapeutico e regimi alimentari che si ispirano alle antiche pratiche ascetiche, ma con obiettivi di longevità e prevenzione delle malattie.
- Sul piano sociale e politico, il digiuno è diventato un mezzo per attirare l’attenzione su cause civili e diritti umani, consolidando il suo ruolo come forma di comunicazione etica e pacifica.
In questo senso, il digiuno è passato dall’essere un dovere religioso collettivo a diventare anche una scelta individuale, legata alla ricerca di equilibrio tra corpo, mente e spirito.
La sua evoluzione, da rito religioso a pratica multifunzionale, testimonia la capacità delle tradizioni spirituali di adattarsi ai tempi e di dialogare con le esigenze dell’uomo contemporaneo. Oggi il digiuno non è più solo una via verso il divino, ma anche un mezzo per prendersi cura di sé e per riscoprire il valore della sobrietà in un mondo dominato dall’eccesso.

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